Galleria

en plein air

Soggetto n° 0036

Cristian Ciamporcero

Stampa plotter, montaggio su dibon, plastificazione opaca

20 x 20 cm

2013

Cristian Ciamporcero è nato nel 1971 a Torino, dove vive e lavora. Conseguito il diploma di maturità artistica, ha iniziato ad interessarsi alla multimedialità nella seconda metà degli anni ’90, portando avanti un discorso di ricerca sull’identità attraverso l’uso della manipolazione digitale. Tra le sue numerose esposizioni, sia personali che collettive, si possono menzionare: Biografia di un uomo senza importanza, Elettroshock Galleria d’arte contemporanea, Torino, 2014; Sottopelle, a cura di Toto Point, Elettroshock Galleria d’arte contemporanea, Torino, 2013; Deposizione, a cura di Toto Point, La Via Lattea, Torino, 2013; Il corpo solitario. L’autoscatto nella fotografia contemporanea, a cura di Giorgio Bonomi, Fusion Gallery, Torino, 2013; Ditemi chi non sono, a cura di Renata Panizzieri, Detenzioni Off, La Via Lattea, Torino, 2012; Io espongo XVI, a cura dell’associazione Azimut, Torino, 2012; Essere immagine, Umami, Torino, 2011. L’artista ha espressamente dichiarato che nel suo lavoro egli sceglie “opere, immagini, di altri che raccontino delle esistenze, da esse, attraverso una sorta di performance teatrale, ricalco e mi approprio delle posizioni, delle espressioni, delle emozioni 

dei protagonisti e delle comparse. Per ogni posa assunta vengo fotografato in modo da potermi successivamente sostituire a tutti i personaggi rappresentati. Attraverso l’uso di programmi di fotoritocco scorporo dal fondo, altero, modifico ed infine sovrappongo le mie immagini all’opera originale fino a raggiungere una fusione/appropriamento con le vite raffigurate nei quadri da cui ho tratto spunto. La stampa fotografica di questa elaborazione digitale è l’opera”. Come ha scritto Gianni Maria Tessari nel 2020, “Ciamporcero (figlio d’arte, il padre era Giorgio Ciam) con le sue fotografie cerca la propria identità in relazione a quelle degli altri, in un continuo trasformarsi del contesto spazio-temporale che rende difficile individuare contemporaneamente il luogo, la persona, e il suo divenire”. Cristian, insomma, attua un tentativo ironico di ‘kenosis’ simulata, di ‘incarnazione’ virtuale della propria immagine corporea all’interno delle sagome (riscoperte come proprie) di molteplici morfologie umane rappresentate in opere d’arte del passato o fotografate in istanti effimeri di vita quotidiana.