Galleria

en plein air

Il contagio

Margherita Levo Rosemberg

Pellicole radiografiche, gelatina

20 x 20 cm

2021

Margherita Levo Rosenberg, nata a Ponti (Al) nel 1958, vive e lavora tra Ponti (Al), Genova e Tel Aviv. Laureata in Medicina, si è specializzata in psichiatria e ha cominciato ad occuparsi di arteterapia. Nel 1992, ha fondato il gruppo Pandeia, con una decina d’artisti unitisi sulla base di affinità concettuali. Dal 1996, fa parte dell’Istituto per le Forme e le Materie Inconsapevoli – Museattivo Claudio Costa, associazione di volontariato culturale sui temi della relazione tra arte e psicologia, dove si occupa di studi e ricerche sui processi della creatività, sui rapporti tra creatività ed integrazione della personalità e sulle applicazioni psicoterapeutiche del linguaggio artistico. Dal 1992, espone in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero, con opere in collezioni private e museali. Dedita alla pittura dall’adolescenza, Levo Rosenberg si definisce artista dai primissimi anni Novanta, quando, con nuova e diversa consapevolezza, declina il proprio stile come cifra del procedere cognitivo, espressione della continuità dei processi di pensiero, indipendentemente dall’esito formale dell’opera; avvia le sue ricerche psicologiche sulla creatività e sulla psicoterapia attraverso il linguaggio visuale. Su questi temi – come psichiatra – relaziona a congressi e conferenze, collaborando a libri e riviste del settore. Muove la sua ricerca, fin dagli esordi, sul legame tra pensiero, verbo e azione, su nuove relazioni tra oggetti, rappresentazioni linguistiche 

e rappresentazioni iconiche. Stimolata dagli aspetti processuali del reale, sperimenta sui piani del relazionale, verbale, scritturale, iconico, aniconico, bidimensionale, tridimensionale, gestuale. Operativamente si esprime su più versanti linguistici; dalla performance, di forte carattere simbolico, all’installazione di forme plastiche costruite con materiali riciclati, di filastrocche, scioglilingua, prose poetiche e liriche in prosa. Indaga le potenzialità espressive di materiali diversi, elementi quasi sempre di recupero, come plastiche colorate, acetati, pellicole radiografiche, libri, riviste, materiale pubblicitario ed elementi naturali, sfruttandone le sfumature di significato intrinseco, sia esso legato alla forma, alla consistenza, al colore, alla trasparenza, al nome o alla funzione, trasformandoli in nuove forma di vita; installazioni nelle quali il gioco dell’ironia e dell’ambiguità si fondono nel disincanto del suo sguardo. La sua poetica si ispira a “temi e problematiche intorno alla solidarietà interpersonale, al rapporto tra l’essere e l’apparire, agli esiti omologanti dello sradicamento dell’individuo e della collettività dalla terra, agli smarrimenti del senso di appartenenza e di identità, allo strapotere dei mezzi di comunicazione di massa…” (Viana Conti, 2009), e “critica dall’interno l’ingolfarsi caotico ossessivo dell’iconosfera che ci circonda” (Luciano Caramel, 2008).