Francesco Tabusso, classe 1930, è nato alle porte di Milano, nell’industriale Sesto San Giovanni, dove la famiglia di origini piemontesi si è trasferita per un breve periodo al seguito del padre ingegnere. Ma a parte la primissima infanzia e una piccola parentesi di insegnamento a Bergamo, “tutta la vita – come dichiara lui stesso – ha avuto come epicentro Torino”. Manifestata precocemente l’inclinazione pittorica, già a partire dagli anni della guerra e dello sfollamento a Rubiana – quando con la famiglia si è trasferito nella casa di campagna della Val di Susa -, ha cominciato a mettere a fuoco, a contatto con il mondo contadino, il suo immaginario poetico. Una tematica d’ispirazione rurale, animata da una fervida fantasia, cui saprà unire una rigorosa disciplina sotto la guida di Felice Casorati, di cui è stato allievo privato, dopo la maturità classica, dal 1949 al 1954. Lontano dall’essere un epigono, Tabusso ha coltivato a scuola dal celebre insegnante l’amore per il mestiere e il ragionamento sui maestri antichi, ereditando da Casorati la capacità di trasfigurare il reale, di proiettarlo in una dimensione incantata, fuori dal tempo, in una sorta di “realismo magico” dai toni di fiaba del tutto personale. Eleggendo a soggetto un mondo agreste d’ispirazione anche popolare, ha manifestato fin dall’inizio un’autentica “vocazione al racconto”, che lo porterà a collaborare con alcune delle firme più note della letteratura italiana del Novecento, quali Piero Chiara, Dino Buzzati, Mario Soldati, Mario Rigoni Stern. Il 1954 è stato l’anno dell’esordio espositivo e della prima partecipazione alla Biennale di Venezia. In breve, l’artista ha ricevuto l’invito alle principali rassegne nazionali e internazionali, riscuotendo numerosi premi. Dal 1963 al 1984, ha affiancato alla pittura l’attività didattica: ha insegnato Ornato disegnato al Liceo Artistico di Bergamo, quindi Figura disegnata al Liceo dell’Accademia Albertina di Torino. Sempre dal 1963, Tabusso ha collaborato con la Galleria Gian Ferrari di Milano, che ne curerà per circa un trentennio l’attività in esclusiva, organizzando più di sessanta sue personali in Italia e all’estero.
Punto più alto all’interno della produzione, e opera della piena maturità, è il ciclo pittorico eseguito per la chiesa di San Francesco al Fopponino di Milano, progettata da Gio Ponti: in virtù di un’arte che ha da sempre celebrato l’uomo e la natura con immediatezza e forza espressiva, l’artista è stato chiamato a realizzare nel 1975 la monumentale pala d’altare Il cantico delle creature (12×8 m di pittura), e successivamente gli otto trittici con le storie del santo. Rimarrà costante il successo di critica e di pubblico riscosso in occasione delle numerose personali, dedicate, oltreché al felice dialogo con l’arte del passato, allo sviluppo di suggestioni dalla letteratura popolare e colta. Tabusso muore a Torino nel 2012 dopo circa sessant’anni di infaticabile attività artistica. Nel 2013, la famiglia dell’artista costituisce l’associazione Archivio Francesco Tabusso con l’obiettivo di tutelare e valorizzare l’opera e la memoria del pittore. L’Archivio conserva il materiale documentario – iconografico e promuove iniziative editoriali ed espositive sulla figura dell’artista. La “natura” nella pittura di Francesco Tabusso, come ha indicato lucidamente Nico Orengo, “sa di neve e primavera”: “acceca di bianchi e incendia di rossi e gialli. C’è una danza continua nelle sue stagioni, una quotidianità, umana e animale, che si muove, mostrando nella gioia e nella fatica, sempre un’idea di movimento elegante, sinuoso. […] Animali dall’occhio mobilissimo, uomini e donne in attesa: i personaggi di Tabusso attraversano le sue tele trascinandosi volti e salti precedenti, corteggiamenti e innamoramenti. È una vita non irrequieta ma attiva, che conosce la dolcezza e la continua pericolosità della terra, del luogo, come se avessero sempre degli occhi, altri occhi, puntanti addosso. Come se al margine del bosco, o della tela, ci fosse sempre qualcuno a spiarli con invidia o con benevolenza. E loro si muovono, sentendo lo sguardo estraneo, giocandoci, rendendolo amico o sfidandolo” (https://www.gallerialosano.it/tabusso-francesco/).