Galleria

en plein air

Conflitto 1

Luigi Botta

Elaborazione fotografica, getto d’inchiostro su carta

20 x 20 cm

1970

Breve, anche se intensa, l’attività di sperimentazione artistica di Luigi Botta. La sua formazione (Liceo Artistico di Cuneo ed Accademia Albertina di Belle Arti di Torino) coincide già con le prime esperienze di un percorso espositivo che lo porta via via ad elaborare alcune pratiche estetiche che nascono dalla figurazione e si consumano, piuttosto rapidamente, nelle espressioni d’avanguardia destinate a provocare la fine della loro stessa sopravvivenza. Dopo aver partecipato giovanissimo (nasce nel 1949 e all’epoca ha 17 anni), su esortazione di Piero Ruggeri, ad una rassegna d’arte sacra a Rodello con un lavoro di grandi dimensioni (4 o 5 metri), affronta per la prima volta la lettura corale del proprio lavoro in una personale (insieme a Mario Mondino) che si tiene a Savigliano nel 1968 ed è sollecitata da quelli che sono o sono stati i suoi insegnanti, e cioè Francesco Franco, Riccardo Cordero, Mario Surbone, Carlo Giuliano, Beppe Devalle e Marco Gastini. Il clima nel quale si consuma questa sua prima esperienza è tangente al «pop». La frequentazione in Accademia a Torino (sotto Enrico Paulucci, Mario Davico, Mario Calandri e Francesco Franco) degli ambienti vicini all’«arte povera», in particolare di Gilberto Zorio, Giuseppe Penone, Plinio Martelli e Ugo Nespolo, sono per lui un motivo di nuovi stimoli immaginifici. È il periodo dell’arte e della contestazione, delle occupazioni, delle azioni di strada, dell’autogestione, dei documenti, delle prese di posizione e della ribellione. La notte non si dorme, si crea e si lavora. Ogni luogo diventa palcoscenico dell’arte. Ogni gesto è frutto di creazione. L’amicizia con Franz Paludetto, in contemporanea, lo porta ad esporre per ben due volte, nel 1969, presso la neonata «Franzp» di via Accademia Albertina (la prima con testo di Albino Galvano e la seconda di Gianni Bianco). Il suo desiderio di sperimentazione – al limite tra il minimalismo e razionalismo – viene subito apprezzato dalla critica ed è oggetto di particolare interesse: gli sono assegnati il primo premio di pittura e il secondo premio di scultura alla «Mostra dei giovani artisti» alla Promotrice di Torino (sempre nel 1969), è coinvolto nella rassegna itinerante «Incontro con la giovane pittura» curata da Paolo Fossati ed invitato alla XXI rassegna di Torre Pellice (e poi alle successive) di Filippo Scroppo. È il 1971 quando si cimenta nel suo primo happening,

insieme ad Enzo Bersezio. Torna a mettersi in discussione e comincia a riflettere criticamente sulla formula estetica sin qui adottata, ragionando sulla necessità di calarsi nel sociale, agire al servizio della collettività, incidere in contesti universali, come ad esempio quello ecologico. Presenta l’azione dal titolo «Il campanello ha suonato» presso il mercato di Savigliano. Si tratta di una svolta, che amplia moltissimo il suo lavoro e trasferisce la tradizione figurativa in direzione di settori per lui ancora inesplorati, quali la scenografia (lavora ad alcuni progetti minimali per rappresentazioni underground), la fotografia (con sviluppi sperimentali nel campo del fotomontaggio) e il cinema (si cimenta in alcuni lavori in super 8 dalla coincidenza spazio-temporale). Le prime applicazioni di questo «modus operandi» si riscontrano già nella lettura critica che fa di contrada Mondovì a Cuneo, presentata nel 1972 in un’ampia installazione presso la Saletta di Arte contemporanea del capoluogo cuneese (con testo di Beppe Mariano), seguita l’anno successivo, sempre presso la medesima galleria, da una triplice installazione sul tema «Uomo Uomo Uomo», che sposta l’obiettivo dall’ambiente alla socialità umana, in un coinvolgimento sempre più ampio di elementi esterni all’opera. È, questa, la direzione in cui guarda e verso la quale procede, sempre con maggiore insistenza, sino alla scelta, compiuta sul finire del 1975, di pensare all’arte come espressione del rifiuto totale dell’esperienza estetica. Vi giunge dopo aver ancora sperimentato tecnicamente l’antica esperienza dell’acquaforte (una sua incisione viene acquisita dal Gabinetto Nazionale delle Stampe in Roma), aver presentato un’installazione dal titolo «Two hundred images» alla galleria LP200 a Torino (nel 1973), aver maturato un happening nel 1974 a Parco Rignon a Torino, nel quadro di «Settembre Musica», aver costruito nel 1975 un evento informale di una giornata dal titolo «Arte alternativa alla città» presso «La Guzzina» di Brugherio, ed aver organizzato a Savigliano, sempre nel medesimo anno, una ventiquattr’ore di coinvolgimento emozionale – con la presenza di una cinquantina di artisti – dal titolo «Oltre la piazza per la città». Chiude l’attività con alcuni film e si dedica pressoché stabilmente ad altra forma di comunicazione, la scrittura.