Stefano “Nello” Cambursano (Chivasso/To 1904 – Torino 1992), figlio di un marmista scultore d’ornato e piccoli angeli funerari, dopo le scuole tecniche ha frequentato i Corsi Inferiori (poi divenuti Licei Artistici) dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e il Corso di Pittura di Giacomo Grosso e Cesare Ferro, conseguendo la Licenza nel 1927. Tra gli insegnanti, ha avuto anche i pittori Luigi Onetti e Francesco Gamba. In un primo tempo, si è dedicato soprattutto alla pittura di paesaggio, ma ha scoperto ben presto il fascino dell’arte dell’affresco e della pittura murale in genere. Ha eseguito alcuni ritratti, specialmente nella cerchia famigliare, e alcuni autoritratti. Si è dedicato per un determinato periodo anche all’ambientazione, progettando scale, ingressi, cancelli. Ha insegnato per circa diciotto anni stili e storia dell’arte nelle scuole serali per ambientatori e cartellonisti. Sue opere adornano cappelle funerarie, in particolare a Casalnoceto (Al), e chiese di molti paesi del Piemonte, fra cui Cerrina (Al), Zanco di Villadeati (Al), Murisengo (Al), Busca (Cn), Ronchi (Cn), San Pietro del Gallo (Cn), Santa Maria Delibnera vicino a Dronero (Cn), Borgo San Dalmazzo (Cn), affreschi nella chiesa del cimitero di Cuneo, cupola della Parrocchiale di Martignana Po (Cremona). La pittura murale non lo distolse da altri generi, fra cui il paesaggio, la natura silente e il restauro appreso dal pittore Carlo Cussetti negli anni ‘30. Sono stati recentemente “riscoperti” alcuni piloni dipinti in Val Varaita nel 1934, grazie al prof. Alessandro Rinaldi di Firenze. Nella cerchia degli amici, si ricordano Rolla, Troletti, Terzolo, Golia, Sicbaldi, Politi, Chicco, Miradio Pasquali. La sua attività copre un vasto arco temporale, dalla fine degli anni ‘20 alla scomparsa.
In particolare, come si legge nel comunicato stampa della mostra Stefano Cambursano. Opere dagli anni ‘20 agli anni ’80, presentata presso martinArte a Torino nel mese di novembre 2009, con interventi critici di A. Oberti, F. De Caria, D. Taverna e B. Zancan, “la pittura di paesaggio è di gran lunga la più praticata da Nello Cambursano. Non si distinguono in essa fasi nettamente distinte: si può ravvisare, al più, un andamento quasi ‘circolare’ per cui, partendo da una pennellata sintetica e materica, il pittore si sofferma, negli anni Trenta, in una fase caratterizzata da maggior descrittività, per poi tornare ad una maggior sintesi, abbandonando, infine, anche la matericità dei primi dipinti. Si tratta di paesaggi in cui è assente la figura e in cui i tagli suggeriscono una sorta di solitudine: tuttavia i colori chiari, mai cupi o tesi, indicano una profonda simpatia – in senso etimologico – con la natura. Soggetto ricorrente della fase maggiormente descrittiva cui abbiamo accennato, sono vedute di Pinerolo, dove egli abitò a lungo, dapprima con i genitori, poi con la propria famiglia. In quelle vedute le piazze e le strade sono allargate nei loro spazi dal taglio basso dell’inquadratura, le ombre si allungano, la luce è abbagliante: ancora un’atmosfera silente, ma senza drammi, più assorta che tesa. Molte vedute di montagna, invece, sono ambientate a Entrèves, località che Cambursano ha frequentato per più di trent’anni. Agli anni Cinquanta – Sessanta risale una produzione abbastanza limitata di dipinti geometrici, di ispirazione cubista e futurista, traccia di ricerche in campi che tuttavia non praticò” (https://www.exibart.com/evento-arte/stefano-cambursano-opere-dagli-anni-20-agli-anni-80/).