Vittorio Marchis, nato a Torino nel 1950, dalla giovinezza disegna e gioca con matite e carta. Dopo gli studi classici e l’università al Politecnico di Torino (dove si è laureato in ingegneria meccanica nel 1975), ha cominciato a dipingere ad olio: pochi sono i quadri rimasti di quegli anni, e parallelamente ha avviato una lunga e ampia produzione di acquerelli e disegni a penna che trovano modelli tra Scanavino e Piranesi, Tullio Pericoli e i Teatri di macchine. La sua duplice cultura di ingegnere e di umanista (che presto lo porterà a insegnare pionieristicamente discipline di scienze umane nelle scuole di ingegneria) gli permette di contaminare le arti visive con la tecnologia. In primis, il motivo centrale della sua attività diventa la narrazione dei temi della memoria e il pensare per immagini. Numerose sono anche le sue collaborazioni con opere di grafica per manifesti di mostre ed eventi pubblici, nonché per la realizzazione di copertine di opere editoriali. Dai primi anni del nuovo secolo, ha iniziato a operare su feltri di grandi dimensioni e ha continuato con le sue esibizioni pubbliche di autopsie di macchine (più di sessanta in Italia, Francia, Svezia, USA e Canada), che coniugano teatralità e storia materiale. Attualmente continua a lavorare intorno ai temi della memoria con opere ad olio, dove la narrazione attraverso lacerti di scritture fa capolino negli spazi del nero e del bianco. Sue opere sono presenti in numerose collezioni private (Italia, Francia, Svezia, USA) e pubbliche (tra esse: Collezione dell’Università di Amherst in Massachusetts, Rettorato e spazi pubblici del Politecnico di Torino, Museo del Tessile di Valdagno (Vi), Collezione del Comune di Vigone (To). Tra le sue esposizioni, si ricordano: 1995 – Mostra sulle macchine meravigliose per il Parco di Collodi, Firenze, Fortezza da Basso (6 tavole con altrettanti progetti e una “scatola della memoria”); 2009 – Mostra personale a Gli Imbianchini, Torino (oli); novembre 2009 – partecipazione alla collettiva Arte Plurale allestita alla Promotrice di Belle Arti, Sala delle colonne del Castello del Valentino, Borgo Medievale, Torino, con l’opera Storie in scatola (installazione di 130×140 cm) in collaborazione con gli allievi di ArteMista, Catalogo n. 37;
febbraio 2011 – Mostra Happy Tech a Palazzo di Re Enzo a Bologna (installazione della autopsia di un robot da cucina); marzo 2011 – Mostra Happy Tech alla Triennale Bovisa di Milano (installazione della autopsia di un robot da cucina); marzo-aprile e maggio-giugno 2011 – Mostra personale al Museo del tessile di Valdagno (Vi) (feltri di grandi dimensioni); giugno-ottobre 2011 – Manifestazioni per la celebrazione del 150° dell’Unità d’Italia, Esposizione del Rotolone alla OttoGallery al Lingotto di Torino (un feltro alto 45 cm e lungo 125 metri che racconta graficamente le vicende dell’innovazione piemontese); 28-29 maggio 2022 – esposizione in piazza a Rosignano Monferrato (Al) di tre suoi feltri di grandi dimensioni. Una Gallery delle sue opere è presente in internet all’indirizzo: http://vittoriomarchis.blogspot.com/. Vittorio Marchis è autore di opere pittoriche contraddiste da una volontà d’arte poeticamente concettuale e fondata su riferimenti stilistici compositi. In essi coesistono le lezioni, opportunamente filtrate e sedimentate, dei codici espressivi più qualificanti dell’astrattismo geometrico, del cubismo sintetico, del costruttivismo e del color field painting, inframmezzati da interventi a collage con inserti minimi di stoffe consunte e/o di pezzi strappati di giornale. La presenza di quelle porzioni di testo, ancora parzialmente identificabili, costituisce uno spiazzante intervento di poesia visiva, grazie alla loro condizione di lacerti decontestualizzati, di comunicazione verbale, che Marchis lascia apparire come ‘frammenti’ stranianti di memorie personali o come un recondito sprazzo di realtà che ricompare allo stato larvale e testimoniale, magari contrassegnato da tracce di bruciature all’interno della composizione che impensieriscono. Tutto è austero ed essenziale nella distribuzione a incastro e in sovrapposizione dei diversi piani, nulla è concesso alla facile piacevolezza per il dato coloristico. Lo spazio pittorico, quindi, si presenta coordinato dalla funzione matematica del gioco compositivo delle forme, ma è al contempo in grado di trasmettere anche una certa tensione emotiva per i contrasti chiaroscurali e per il dispiegarsi improvviso di un indizio inquieto della storia o, anzi, della cronaca quotidiana di un tempo che non è più.