Paola Gandini è nata nel 1966 a Torino, città nella quale è cresciuta, ha studiato e dove continua a vivere, insegnare e a creare le sue opere. Il suo studio si trova nell’antico palazzo ottocentesco di Via Vanchiglia 16, che comprende ancora vecchi appartamenti di ringhiera e botteghe di cortile, tipici di questo borgo torinese da sempre connotato per la presenza di officine artigiane e studi di artista. È stata allieva, al Liceo Artistico, di maestri come Francesco Tabusso e Giorgio Ramella, che l’hanno spinta a proseguire lungo le strade dell’arte presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, arrivando a diplomarsi in Scenografia. Ha iniziato poi a dedicarsi all’illustrazione, perfezionandosi nella tecnica dell’acquarello con Stepan Zavrel: un interesse, che ancora oggi ha possibilità di esplorare attraverso l’insegnamento all’Istituto Professionale Statale “Albe Steiner” di Torino, presso cui è titolare della cattedra di arti grafiche e fotografiche: questo le permette di approfondire con i suoi studenti la manualità e la materia della tecnica tradizionale combinate con la virtualità degli spazi numerici dei nuovi media. Nel 1994, è approdata alla scultura, facendosi notare a livello nazionale per le sue opere in vetro, per poi varcare i confini subalpini con due personali in Francia: Glass Generation a Mulhouse, curata da I. Mulatero (2001) e Fabulae a Parigi presso la “Boutique Borsalino”, curata da E. Di Mauro (2004). Tra le sue mostre personali, si possono segnalare: 1994 – Foyer del Teatro Araldo, Torino; 1998 – “Azimut” (vincitrice Premio Scultura 1998); 2001 – Hotel du Parc, Mulhouse (Francia); 2004 – “Boutique Borsalino” per Borsalino, Parigi (Francia), a cura di E. Di Mauro. Tra le mostre collettive, si ricordano: 1996 – Sant’Anna Arresi (Ca); 1997 – Palazzo Cisterna (To), curata da M. Bandini e I. Mulatero, Galleria V.S.V., a cura di E. Di Mauro; 1998 – “Azimut”, Torino, Galleria “En plein air”, Pinerolo (To), curata da E. Privitera, Biennale d’arte di Limena (Pd); 2000 – collettiva curata da G. Auneddu, Moncalieri (To); 2001 – Opera permanente presso il Museo di Arte Urbana (MAU), a cura di E. Di Mauro; 2002 – collettiva presso il Museo Civico di Arte Contemporanea, Barge (To), a cura di L. Parola e L. Perlo; 2003 – Complesso monumentale di San Pietro in Vincoli, curata da I. Mulatero, F. Torriani e G. Vola; 2004 – “BAM Piemonte Project”, Biennale d’Arte Moderna Contemporanea del Piemonte, Villa Giulia, Verbania, a cura di E. Di Mauro;
2005 – residenza per artisti, Porto di Mare, Celico (Cs), a cura di Chroma Arte Contemporanea; 2006 – Palazzo delle Orfane, Torino, a cura di T. Taramino, “BAM Piemonte Project”, II Edizione, Villa Giulia, Verbania; 2010 – Laboratorio di educazione al movimento e alla pittura per bambini con Doriana Crema, Spazio 32 Dicembre, Torino; 2011 – Workshop di ascolto, movimento e pittura con Doriana Crema, Teatro di Chiaverano (Ivrea), Palazzo del Rettorato, Torino, a cura di I. Mulatero, Vezzolano (At), a cura di C. Caramagna; 2014 – Manifestazione “Accatelier”, a cura di S. Dassi e C. Testore, Torino, Festival delle invasioni, Cosenza; 2015 – Selezione per il “Premio Odisseo”, Torino; 2021 – Palazzo Barolo, Torino, a cura di S. Boyer, Jins, C. Ciamporciero. “Fin da subito”, ha confidato la stessa Paola Gandini, “il vetro è stato da me posto in relazione alla fascinazione per la gestualità del corpo, che mi ha caratterizzato fin dagli esordi della carriera: il vetro rappresenta, infatti, per me la lente con cui osservo e riorganizzo la percezione della realtà. È lo strumento con il quale cerco di catturare lo scorrere degli eventi, così veloce da dare l’impressione di non lasciare traccia: le mie pagine di giornale, nelle quali le notizie sono vetrificate; i calchi dei corpi che sospendono nella trasparenza del vetro la gestualità umana; i piccoli oggetti di uso quotidiano, resi fossili in vetro. È un tentativo di soffermarsi, di sottolineare, di lasciare un segno. […] Il vetro mi permette anche di ricondurre il corpo e l’agire umano dentro uno spazio abitativo dell’anima che li protegge dalla dimensione dei Non-Luoghi, quegli spazi in cui sono riversate le masse con l’intento di privarle di un territorio di appartenenza e identificazione specifica e non omologata al consumismo. Il mio lavoro vuole evidenziare e denunciare tutto questo, ricordando che solo attraverso l’ascolto del corpo e l’osservazione attenta del suo agire, noi possiamo arrivare ad esplorare altre dimensioni, nelle quali trovare uno spazio sospeso, uno spazio ‘altro’”.