Pilar Dominguez è nata in Cile. Si è laureata nella Pontificia Università Cattolica, scuola d’Arte Visive (Cile), con specializzazione in Grafica. Nel 1974, si è trasferita in Italia, continuando la ricerca nel campo della grafica d’arte presso le Università di Milano e Venezia. Dal 1979, si è legata in modo particolare alla Galleria delle Ore di Milano, nella quale ha partecipato a numerose mostre collettive e personali; di grande interesse risultano le serie della Velocità, dei Paesaggi interni, degli Stati d’animo e dei Tombini. Nel 1980, ha fondato la Stamperia d’Arte. Tornata in Cile tra il 1992 ed il 1996, anni in cui si dedica all’insegnamento nell’Universidad de Playa Ancha o UPLA a Valparaiso e nella Pontificia Università Cattolica di Santiago, dal 1996 si è stabilita definitivamente a Milano, proseguendo la sua attività artistica e di docenza e riavviando la Stamperia d’Arte. La donna, il mare, i pesci, l’acqua, sono le tematiche dei suoi lavori che hanno trovato un’altra espressione attraverso la modellazione della ceramica. Ha ripreso in un certo senso la velocità, il movimento che genera la città, i rumori, la memoria (con i treni), l’architettura, il Duomo, i Navigli, mischiando la pittura con l’incisione, stampando a colori le percezioni del nostro tempo in movimenti a schermi sequenziali. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive di pittura, incisioni, installazioni e ceramica in Italia e all’estero. Le sue opere si trovano in diverse collezioni private in Italia, Francia, Germania, Spagna, Turchia, U.S.A., America Latina, Giappone e India. Attualmente è docente dei corsi di Teoria e Laboratorio del Colore e del corso di Tecniche Illustrative e Incisione presso l’Istituto Europeo di Design di Milano; collabora in corsi di formazione Artistica per le Scuole (Provincia di Milano), collabora come consulente esperta del Colore in studi di architettura ed arredamento.
Per Pilar Dominguez, l’ispirazione nei suoi lavori viene dagli “sguardi che fai alla vita. Gli anni vanno per tappa. I primi anni certamente sentivo molto la situazione politica in Cile, ho anche scritto fino agli anni ‘80. […] Negli anni ‘80 ho detto basta di portarmi tutto il peso politico personalmente e sono cominciati questi lavori sugli stati d’animo, totalmente astratti, non volevo più la figurazione, assolutamente astratti. E i bagni perché mi affascinavano. Abitavo in una casa di ringhiera, questi bagni, queste vasche… Poi le strade, certamente l’autostrada, le moto, le macchine”. E quindi “c’erano i ventilatori. In macchina il ventilatore, in casa il ventilatore, dovunque vai c’è il ventilatore! Poi, lasciando un po’ la macchina, ci sono i treni, la velocità di nuovo. […] I treni mi piacciono proprio, sono come insetti o come i pesci”. E a proposito delle opere con i Tombini, ecco come Dominguez li considera: “Ombelico della città, codice, tappo, sottofondo, profondità, fogna, altro mondo. Aprire il tombino e viverci dentro, sotto le viscere, di te, di me, di tutti. Tutti lo portiamo, segno irrevocabile di nascita. Anche la città lo chiude, gli mette il sigillo, in ghisa, in pietra, in cemento. Lo decora per non fare salire il marcio. Riparare e chiudere, il bello e il brutto, dentro e fuori, sopra e sotto. Apparire bello con dignità, con urbana identità. Dalla sua città marchiato. L’ombelico è vivo e respira, butta fuori vapori. Respira nel sottoterra. Umore dell’altra parte. Ci camminiamo sopra, passiamo a fianco, ci fermiamo sopra, parliamo. I nostri piedi si inumidiscono nel respiro sotterraneo e noi, teneramente, ci lasciamo” (https://www.baleneinvolo.com/tutti_gli_artisti/pilar-dominguez/).