Giorgio Ramella è nato nel 1939 a Torino, dove vive e lavora. Compiuti gli studi classici, ha frequentato l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, seguendo il Corso di Pittura di Enrico Paulucci e di Tecniche Incisorie di Mario Calandri. L’esordio sulla scena artistica torinese è avvenuto negli anni Sessanta con un’esposizione alla Galleria La Bussola insieme a Ruggeri, Saroni, Soffiantino e Gastini; la prima mostra personale si è tenuta nel maggio del 1964 nella stessa galleria. Ha partecipato a numerose mostre nazionali e internazionali quali: il premio San Fedele a Milano, La Biennale dell’incisione a Venezia, il premio Spoleto, la Biennale di Parigi, la Grafica italiana al Museo d’Arte Moderna di San Paolo del Brasile, il Museo Sperimentale al Castello di Rivoli. I lavori iniziali, gli Incidenti, sono caratterizzati da forme e frammenti metallici che compongono strutture drammatiche e allo stesso tempo rigorosamente calibrate. È del 1993 una mostra personale al Comune di Spoleto. Nel 1994, ha realizzato una grande Crocefissione che, dopo essere stata esposta a Mantova (Palazzo Ducale), Ivrea (Olivetti) e a Lione, viene acquistata dalla Fondazione Ettore De Fornaris per la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Tra il 1994 e il 2000, l’artista ha lavorato, dopo un viaggio negli Stati Uniti, ai Graffiti che espone alla Maze Art Gallery di Torino e al Castello di Barolo, alla Galerie Unter Turm di Stoccarda e al Musée Départemental
de la Préhistoire a Solutré, Mâcon (Francia). Nel 2003, la Regione Piemonte ha dedicato a Giorgio Ramella una retrospettiva al Convento dei Cappuccini di Caraglio. Nel 2006, ha presentato a Roma, nel Complesso del Vittoriano, la personale intitolata Ramella: dai Graffiti all’Oriente 1994-2006, curata da Enrico Crispolti. Nel 2009, ha allestito la mostra A Oriente verso Sud nelle Officine Grandi Riparazioni di Torino, che viene poi ospitata in Palazzo Litta a Milano. E nel 2011, in Palazzo Chiablese di Torino, ha realizzato la personale intitolata Fly Zone, con circa trenta opere di diverso formato con paesaggi africani attraversati da bimotori che ricordano vecchi francobolli e che fanno da sfondo a piccoli aeroplani in legno costruiti e dipinti dallo stesso Ramella in un allestimento che li vede sospesi al soffitto e riflettere le ombre sulle pareti e nei dipinti a olio. Come ha scritto Marco Di Capua nel catalogo della mostra di Palazzo Chiabese, “la pittura di Ramella ogni volta risveglia l’energia di un attraversamento, di un passaggio (oltre che di un paesaggio), strappa all’opacità e porta via con sé una parte di mondo, come tracciandone la mappa territoriale e componendone il catalogo per un’arca volante che nella sua ricognizione non dimentichi animali né piante, architetture, rovine, templi, piramidi, esseri umani, sabbie, fiumi, tramonti, nuvole, e davvero se li porti via tutti, unificandoli secondo connessioni impreviste e spensierate”.