Galleria

en plein air

Origini

Gian Paolo Roffi

Assemblaggio su tavola

20 x 20 cm

2022

Gian Paolo Roffi è nato nel 1943 a Bologna, dove vive e lavora. Proviene, per studi e attività, dall’area letteraria, alla quale continua a fare riferimento. Ha scritto testi per spettacoli musicali (Con gli occhi di Simone, 1978; Ricordando Milly, 1981). All’inizio degli anni ’80, è venuto in contatto con l’area della “Poesia Totale”, collaborando intensamente con Adriano Spatola fino alla sua scomparsa.  Ha pubblicato le raccolte di poesia Reattivi (1984), Madrigali (1986), Perverba (1988), Contesti (1997), Intuizioni (2018). È stato redattore delle riviste “Tam Tam”, “Baobab”, “Dopodomani”. Ha fatto parte del gruppo di poesia sonora “Baobab”, del gruppo d’intervento artistico “I Metanetworker in Spirit” e del “Jazz Poetry Quartet”. Attivo nel campo della poesia sonora, ha partecipato a numerose rassegne ed è presente in antologie-cassetta, LP e CD in Italia e all’estero. Nel 2009, ha raccolto la sua produzione sonora nell’album di 2 CD Vox. Come poeta visivo, ha realizzato la serie di tavole L’immagine del respiro (1986-87) e le successive Schizografie (1988-89 e oltre); ha pubblicato Voli, testo verbo-visivo (1991), Segni & Segni, poema visuale (1997), Letterale (2000), Te Rerioa (2007), Della Luna (2008), Syncrasies (2011), Sintassi dei frammenti (2013), Recovered Words (2016). Nel 2016, Pasquale Fameli gli ha dedicato la monografia Gian Paolo Roffi. La quadratura del cerchio (Campanotto Editore). Il collage, il libro-oggetto, l’assemblaggio sono le forme prevalenti del suo lavoro artistico, sempre legato al fenomeno del linguaggio e alla visualizzazione della scrittura.

“Nella sua costante e silenziosa ricerca verbo-visiva”, ha osservato Pasquale Fameli, presentando la personale Materialità della parola, organizzata nel novembre 2016 alla Galleria del Carbone di Ferrara, Gian Paolo Roffi non segue la convinzione comune che le parole abbiano un peso, per intenderci, di tipo prettamente “semantico e psicologico”. Roffi “rovescia questa consuetudine, alleggerendo i contenuti delle parole per appesantirne la materialità: per questa ragione sceglie di adoperare duri e opachi caratteri tipografici da combinare in serrati assemblaggi asemantici, preferendo oltretutto il legno alla carta, e mantenendo così, tutto sommato, un pur vago legame con la pagina a stampa. Gli spessori aumentano soffocando i significati, frasi e parole esplodono lasciando soltanto dei frammenti. È proprio questa l’intenzione di Roffi: mettere a punto una ‘sintassi dei frammenti’ che accolga e cucia insieme, oltre a lettere e grafemi, anche brandelli di realtà, lacerti di mondo: un uovo, un paesaggio, oppure, andando più lontano nel tempo e nello spazio, una miniatura medievale o la pagina di un testo buddista nepalese. Alla base della sua poetica vi è infatti un problema sorto, forse, dai suoi appassionati interessi da filologo: lo scollamento tra le parole e le cose, l’incapacità delle prime di adattarsi in toto alle seconde, un problema fattosi ancora più assillante con l’avanzare delle odierne tecnologie di comunicazione. Anche per questo motivo diventa necessario, per Roffi, andare a recuperare frasi e parole altrui, come nei suoi Recovered Words; ma si tratta di un recupero illusorio, fallace, perché quelle frasi e quelle parole, estratte dal loro contesto, perdono ogni possibilità di significare, acquisendo però un corroborante e suggestivo valore poetico” (https://www.exibart.com/evento-arte/gian-paolo-roffi-materialita-della-parola/).