Massimo Stecchi è nato nel 1954 a Siena. Ha esordito negli anni ‘80 disegnando vignette satiriche e illustrando racconti e manifesti per alcuni quotidiani e periodici locali. Successivamente, ha affinato l’uso del colore frequentando la bottega d’arte del maestro Alì Hassoun, e nel contempo ha coordinato il laboratorio di disegno di nudo del Centro Culturale “La corte dei Miracoli” di Siena. I temi delle sue opere variano col tempo: dalle monumentali figure femminili alla danza, dai movimenti della corrida a quelli del tango, dagli angeli musicanti alla serie del Protocollo equino, che ha come soggetto il cavallo, piccola figura che si ripete sempre uguale ma diversa nel colore. Recentemente, ha affrontato il tema della maternità, ispirandosi anche alla Madonna dei Francescani di Duccio, e ha rievocato il soggetto della Deposizione dalla Croce per trattare la tragedia dei migranti. Queste opere si rifanno dichiaratamente a Pontormo o a Rosso Fiorentino per trovare una chiave di lettura conosciuta e vicina al sentire comune. Riconoscibile in ogni quadro la forza del colore, suo tratto distintivo, che si concretizza per mezzo della spatola, che esalta la materia rendendola vibrante e piena; spesso il fondo a frammenti, quasi fosse dipinto su legno, nasconde parte del soggetto fino a diventare egli stesso soggetto. Ha realizzato il drappellone per il Palio di Siena del 2 luglio 2019.
“L’opera pittorica di Massimo Stecchi”, ha sostenuto Attilio Spanò, curatore della personale Diario d’azzurro, tenutasi tra aprile e maggio 2022 al Museo Diocesano “Francesco Gonzaga” di Mantova, “è una continua operazione mnemonica. Sulla tela si concretizzano figure frammentate che dialogano con memorie individuali, scatenando reazioni collettive di ricerca affannosa di altrettante esperienze personali. In questo senso la pittura di Massimo Stecchi è un esercizio poetico, travalica i confini dell’esperienza personale per lasciare emergere l’ethos di un’epoca, di un luogo, di epoche e di luoghi. […] Alla base della ricerca di Massimo Stecchi è quindi la rivelazione dell’esistenza. Non è la passione che dirige la mano dell’artista, è la consapevolezza. La consapevolezza di un’immagine stante che è figlia e madre allo stesso tempo della sua esistenza nel mondo. Il ricordo di Stecchi è la contemporaneità e la simultaneità delle sensazioni. Allora, i rimandi alle contingenze diventano immediatamente icone di un senza tempo. Non si tratta di analogie, non sono rimandi, non sono richiami né suggestioni, ciò che è semplicemente è senza l’inaridimento storico, senza le tracce che la storia e il tempo lascerebbe sul percorso dell’esistere. L’esistere, per Massimo Stecchi, è un autogenerarsi fuori dal tempo che nel tempo prende forma, e questa forma è perenne” (https://mincioedintorni.com/2022/04/21/massino-stecchi-mostra-personale-diario-dazzurro-museo-diocesano-mantova/).