Giustino Caposciutti, artista/educatore, è nato nel 1946 a Civitella della Chiana (Ar). Diplomato in Pittura presso Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, ha iniziato a dipingere fin da bambino. Nel 1955, ha vinto un premio nazionale di disegno. La sua prima mostra è del 1969 ad Aosta presso la Regione. Dopo una prima fase figurativa, verso la fine degli anni ’60, si è interessato all’attualità delle avanguardie artistiche dell’epoca, indagandone i principali fenomeni: arte povera, new realisme, arte ottica e cinetica, pittura analitica e spazialismo. Nel 1975, ha incontrato Prem Rawat (www.premrawat.com) e con lui l’esperienza di Conoscere sé stesso. A quel punto, ha ritenuto conclusa il periodo della ricerca e ne ha aperta una nuova, quella della testimonianza e del ringraziamento. L’Arte Partecipata di Caposciutti è stata oggetto di numerosi studi, articoli, programmi TV, copertine di riviste d’arte e tutte le copertine e la linea grafica di sei numeri della rivista “Il Filo di Arianna”. Caposciutti è l’artista delle relazioni e condivisioni (Arte Plurale), dell’arte come strumento di azione sociale (Arte Partecipata), dell’arte come terapia non soltanto in senso psicologico, ma anche fisico (BioSìArt), della detessitura come tecnica di indagine intima della struttura fisica e poetica dei tessuti (Fiber Art). Ha allestito oltre cinquanta personali a Torino, Ferrara, Mantova, Arezzo, Vercelli, Livorno, Bordighera (Im), Liegi (Belgio) ed in altre città e centinaia di collettive, partecipando a cinque edizioni di Artissima di Torino, a quattro Biennali di Fiber Art a Chieri (To), al Museo di Textile Art di San Gallo (Svizzera), al museo MAGI di Pieve di Cento (Bo), al Palazzo di Toraide di San Pietroburgo, alla Galleria Saphir di Parigi.
“Più che dipingere”, ha indicato Angelo Mistrangelo, presentando la personale dell’artista allestita presso la Galleria Arteregina di Torino tra maggio e giugno 2004, “Caposciutti ‘scolpisce la tela’, fissa un’idea, suggerisce un moto infinitesimale, non percettibile, ma sicuramente funzionale all’andante musicale di quelle ‘costruzioni’ che sono i segni indelebili del suo percorso, le tracce di un lungo racconto sull’esistenza, le trame di una vicenda che è possibile individuare nelle connessioni con l’arte primitiva africana. […] Caposciutti mette in relazione ‘materiali tessili diversi fra loro’ (dalla tela bandera al sacco di caffè), sfrutta il valore cromatico della tela per ‘ottenere effetti ottici’, dialoga con la luce che penetra nell’ordito dei fili ‘scoprendone’ il fluire antico come antico è il filo che lega l’uomo all’evoluzione della società, della storia, degli eventi” (https://www.giustinocaposciutti.it/articoli/mistrangelo.html). E Roberto Mastroianni, a commento delle opere di Giustino Caposciutti esposte insieme a quelle di Cosimo Cavallo nella mostra bipersonale intitolata Tramare. Di filo in segno e di luogo in logo, ospitata in Palazzo Barolo tra settembre e ototbre 2016, ha così sintetizzato “il valore artistico di Caposciutti”: “Bisogna […] riconoscere che solo un artista gentile e delicato come Caposciutti poteva recuperare l’attenzione per le cose minute e le pratiche della Textile Art per destrutturare i supporti e i componenti della pittura, al fine di tessere e ritessere in modo partecipato e inclusivo esistenze singole e associate, restituendo immagini di comunità solidali in uno spazio e in tempo determinato” (https://www.giustinocaposciutti.it/articoli/articolimastroianni.html).