Galleria

en plein air

The old bear

Corrado Porchietti

Carboncino su carta

20 x 20 cm

1983

Corrado Porchietti è nato a Savigliano nel 1950. Dopo gli studi all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove si è diplomato in Pittura con il maestro Piero Martina, si è dedicato all’insegnamento di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico Statale “Renato Cottini” fino al 2014. Tra le personali: Galleria Weber (testo in catalogo di Francesco Poli) e 1984 (testo in catalogo di Francesco Lodola), Galleria Peola (presentazione di Luca Beatrice), Porti di Magnin, Mondovì (presentazione di Pino Mantovani), Galleria Esso Vanto, Galleria Spaziobianco (presentazione di Pino Mantovani), Galleria Cottini (presentazione di Pino Mantovani). Nel 1984, ha esposto al Palazzo della Regione Piemonte, nella serie di mostre personali su invito della Critica. Nel 2004, alla Galleria Pinxit di Torino, Corrado Porchietti ha presentato un ampio repertorio di “tele dalle atmosfere fuligginose”, testimoni della sua “dimensione pittorica”, “popolata”, come ha scritto Sonia Gallesio per “Exibart”, “da cose comuni, semplici. Reperti-icona della quotidianità che sulla tela assumono un valore fortemente simbolico, a ‘sottolineare come i confini tra realtà e finzione siano labili e non semplici da cogliere’ (Antonella Marina)”. E si può senz’altro affermare ancora che “in modo sempre nuovo e sorprendente, pare che ogni dipinto di Porchietti voglia essere in qualche maniera un’allegoria, un racconto travestito da burla o beffa sottile”. 

Per Pino Mantovani, come egli stesso ha precisato nel catalogo della mostra alla Galleria Cottini del 2019, un ’irregolare’ come Corrado non ha potuto avere “una fortuna adeguata alla qualità del suo lavoro, anche se dalla metà degli anni Settanta la sua presenza nel panorama dell’arte a Torino si è proposta con marcata originalità”. E, a questo proposito, ha scritto “A Professor Artist of Torino Italy (By Corrado Porchietti)” sulla pagina web di “Fashion Luxury” del 13 giugno 2019: “Il suo linguaggio figurativo si è affinato (dopo la frequenza del Liceo Artistico e dell’Accademia con il maestro Piero Martina) sui modelli di Francesco Casorati e Nino Aimone, con i quali ha avuto per anni stretto rapporto amicale, e raccogliendo suggestioni dalle linee della oggettività fisica e metafisica e degli espressionismi, soprattutto nordici; ma non poco ha preso dalle forme ‘popolari’ della comunicazione visiva e da una naturale propensione al racconto immediato di storie verissime e assurde, sempre esagerate. Avrebbe potuto essere un autore-guida negli ultimi decenni come sembrava promettere l’inclusione tra i rappresentanti significativi della ‘generazione anni ’80’; ma la sua incapacità di governare i propri umori e l’impossibilità di seguire altre ragioni che non fossero le sue lo hanno isolato. È proprio nel divertente-tragico isolamento della sua ‘stanza’ che la mostra ci porta”.