Piero Martina (Torino, 1912-1982). Pittore e disegnatore autodidatta, ha iniziato come assistente del padre, fotografo. Ha cominciato a esporre nel 1935 alla Promotrice delle Belle Arti di Torino, dove si è presentato anche l’anno successivo. La prima personale si è tenuta nel 1938 alla Galleria Genova del capoluogo ligure. Nel 1939, una personale si è svolta alla Galleria della Zecca. Nei primi anni Quaranta, è stata continua la sua presenza alle mostre nazionali più importanti. Dalla fine degli anni Quaranta, si sono tenute diverse mostre personali, la prima delle quali presso la Galleria La Bussola di Torino, nel 1949. Nel 1950, nel 1952, nel 1954 e nel 1963 ha partecipato alla Biennale di Venezia, dove, nel 1956, ha allestito anche una sala personale. È stato docente al Liceo Artistico di Torino (1954) e ha avuto le cattedre di Disegno e Ornato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano (1966) e di Pittura a quella di Palermo. A Torino, nel 1969, ha ottenuto la cattedra di Decorazione e dal 1970 quella di Pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti, di cui è stato direttore dal 1973 al 1978. Tra le molte personali, si ricordano la grande rassegna del 1966 alla Galleria del Piemonte Artistico e Culturale di Torino e la mostra del 1980 al Palazzo Chiablese, sempre a Torino. Nel 1984, l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino gli ha dedicato una retrospettiva. Nel 2012, l’Archivio di Stato di Torino ospita la mostra La metamorfosi del reale, organizzata per i cento anni dalla nascita dell’artista, promossa dalla Regione Piemonte, dalla Provincia di Torino e dalla Città di Torino, curata da Francesco Poli e Antonella Martina. Fondamentale per lo sviluppo della sua attività è stato l’incontro
con Menzio e con il circolo dei Sei di Torino, alla metà degli anni Trenta. L’artista ha intrattenuto, inoltre, un fitto dialogo con letterati e poeti come Solmi, Montale, Mucci, Gatto, Levi. Nella sua pittura – i cui soggetti principali sono i paesaggi e le vedute urbane, ma anche i ritratti e il lavoro delle tessitrici – elemento predominante è il colore, ritmico e vibrante, che resta la chiave delle sue opere anche quando, dai primi anni Sessanta, l’artista utilizzerà la tecnica del collage. Bruno Quaranta, su “La Stampa” del 6 dicembre 2012, ci ha ricordato il ruolo di Eugenio Montale, che ha colto “il cuore artistico di Piero Martina” e ha “indirettamente” innalzato “Martina delineando sul Baretti il ritratto di una figura rara, rarissima nel panorama italiano: ‘In Italia pochi si figurano quel che può essere un dilettante di grande classe; e metteremo anche questa tra le riprove della nostra scarsa civiltà, non solo letteraria. […]. In tempi che sembrano contrassegnati dall’immediata utilizzazione della cultura, dal polemismo e dalle diatribe, la salute è forse nel lavoro inutile e inosservato: lo stile ci verrà dal buon costume’. […] Tra fotografia e pittura, alla pittura attraverso la fotografia. È la parabola di questo ‘combattente per l’immagine’, in sintonia, financo in simbiosi, con Carlo Mollino. Due dandy sotto la Mole, due eccentrici che, come rivelerà il sulfureo architetto, coltivano ‘una speciale igiene: di giorno lavorare in grigio e di sera tentare di rifarla la voce dell’arcangelo. Potremmo sceglierci ognuno un cliente fantasma, e ci darebbe commissioni di fantasia’”.